Commentavo con Claudia che questa è stata la frase più significativa della predica fatta dal prete durante la celebrazione del matrimonio di Marco e Mariella.
Si nasconde in realtà, dietro il gioco di parole, la profonda verità cristiana per cui solo il martirio (o le difficoltà in genere) portano alla felicità.
La felicità, quella sconosciuta. Passiamo la vita a cercare di raggiungerla e puntualmente rischiamo di vivere insoddisfatti fino a che non sentiremo di aver raggiunto quel momento di estasi da cui non vorremmo mai essere distratti. Ma deve davvero passare necessariamente dal martirio, dal dramma, dal difficile? Beh da un lato oggettivamente se fosse facile perché sbattersi tanto per arrivarci.
Forse però arriva anche il momento in cui stanco di mirare alla luna decidi che la felicità la devi trovare in quello che hai.
Una vita come un’altra, niente di straordinario ma fatta di piccole cose: la tua famiglia, una buona amica, il buon giorno del tuo cane la mattina appena sveglia, un BBQ con i colleghi, incontrare una persona che non avresti pensato di vedere e poterla salutare anche se solo per 30 secondi..
Di ragioni per essere tristi ce ne sono così tante che forse dovremmo solo godere appieno di quello che abbiamo senza pensare che non sia abbastanza. Siamo già felici, solo che non lo sappiamo riconoscere.
Sulla scia di questo pensiero un anno fa accolsi la sfida dei #100happydays, un vero toccasana per l’anima e la mente, un modo diverso e divertente di educare (di nuovo) la mente alla felicità. Ne ho goduto cosi’ tanto che ho deciso di andare oltre i 100 happy days (Oltre100happydays)
In ogni caso dalla mia ho il messaggio del biscotto della fortuna che oggi mi ricorda che…
Lui non lo sa che sono già felice!
O forse si riferisce agli aperitivi?? 0.o
A presto,
Enrica