La maggiore difficoltà la percepisco sempre sull’ultimo miglio, o per meglio dire, quando riesco a vedere il traguardo. Non riesco a capire cosa si inneschi nel mio cervello ma è puntualmente così.
Il percorso è duro ma per tutta la sua durata corro senza pensare a quanto sia difficile, a quanto sia stanca, la mia mente sa che la sola cosa che deve fare è di lasciare che il mio corpo continui a correre.
Ma quando vedo il traguardo vicino e sento che ce la sto per fare comincio a sentire il peso dei passi, la stanchezza del corpo. La volontà vacilla, sembra che si possa accontentare di quanto già fatto, di quanto già percorso.
Inizio a dubitare e più dubito più mi sento stanca, il passo rallenta mentre le gambe si fanno pesanti, il respiro si accorcia.
È in quel momento che inizio il processo di educazione mentale. Un vero e proprio training psicologico in cui mi convinco che posso dire di avercela fatta solo se continuo a correre fino alla fine. Solo se la mia volontà resta ferma e lucida sull’obiettivo che si era data fin dall’inizio.
Ho corso ieri 24 Maggio a Bari la Race for the Cure, 5km di spettacolare lungomare, una vera festa di uomini e donne motivati non solo dalla voglia di correre per se ma di correre per qualcosa più grande di loro.
Al 4km ho cominciato la mia educazione mentale, per arrivare correndo fino alla fine del percorso. È stata una vera soddisfazione perché al corpo non allenato ho unito una mente più educata ed è bastato quello per arrivare alla fine. Se mi fossi fermata non sarebbe stata una corsa quasi finita ma un’altra sconfitta della volontà.
Educatamente educa la mente. È il solo consiglio che so darmi quando sento che sto per cedere alle tentazioni (di qualunque tipo esse siano). È un processo lungo, e nel mio caso è appena iniziato. Ma se saprò applicarlo nei momenti di maggiore debolezza sarò in grado di terminare ogni corsa al traguardo.
Non cedere. Meglio esausta che sconfitta.
A presto
Enrica